Che senso ha puntare sulla parrocchia, in un tempo che già nel 2004 i vescovi italiani definivano di “fine della civiltà parrocchiale”?
Se la parrocchia si costituisce sempre meno come centro della vita sociale e religiosa, nondimeno, come afferma papa Francesco in Evangelii Gaudium (2013), essa custodisce un valore che non può essere abbandonato: essa rimane infatti come il segno, inscritto in un territorio, che il Vangelo è per tutti, accessibile e disponibile.
Un segno di cattolicità, di una Chiesa che offre l’essenziale, per tutti.
Perché questo segno sia tale, è però necessaria una conversione missionaria della parrocchia, difficile da immaginare, ancora prima che realizzare.
A partire da una mappatura della situazione delle parrocchie delle due diocesi di Torino e Susa, don Mario Aversano, vicario per la pastorale della diocesi di Torino, riprende la proposta dell’Arcivescovo Roberto di pensare alle parrocchie come “comunità di comunità”.
La “fine della civiltà parrocchiale”, non è la fine della parrocchia, ma la fine di un certo modello di parrocchia: quello della parrocchia tridentina, caratterizzata dal trinomio “un parroco, un campanile, un territorio”.
Ma è possibile pensare ad un altro modello di parrocchia?
Se sì, quali devono essere le sue caratteristiche essenziali? Cosa non può mancare perché si dia parrocchia?
La riflessione di mons. Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare della Arcidiocesi di Torino, ci aiuta a ragionare su questo essenziale, e su come pensare ad una parrocchia che non sia il “centro di tutto”, dipendente da un unico ministero.
Dopo il video del vescovo, la seguente scheda per il lavoro di gruppo:
Facciamo un esercizio di immaginazione, pensando a quelle parrocchie che resteranno senza parroco residente o avranno un solo parroco da condividere con altre comunità.
Chi troveranno in parrocchia le persone che busseranno con le richieste di sempre: preghiera, sacramenti, bisogni materiali, ricerca di un oratorio, di catechesi…?
Fra i tanti servizi che le parrocchie hanno offerto fino ad oggi, quali sono davvero indispensabili e non dovranno mancare mai?
In una parrocchia che vedrà crescere i ministeri laicali, come cambierà il ruolo del parroco? Cosa resterà fondamentale nel suo ministero?
E come si preciserà il ruolo specifico del diacono? È prevedibile che questo ruolo andrà crescendo?
Quali sono i ministeri che riteniamo più utili o urgenti per la nostra comunità in questa prospettiva?
L’istruzione della Congregazione per il Clero su “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” (29 giugno 2020)
La Parrocchia alla prova della “mistica trasparenza”, di Paolo Carrara, da: La Rivista del Clero italiano